I CONVEGNO NAZIONALE SULLA TRIPLICE CINTA E SIMBOLISMO MEDIEVALE
(report di Marisa Uberti - Centro Studi Triplice Cinta, CSTC)
Sabato 10 Settembre 2016 a partire dalle ore 17.30, nell'accogliente Auditorium dell'ex- Convento di Sant'Antonio da Padova a Bonito (AV), si è tenuto il I Convegno Nazionale dedicato alla Triplice Cinta e in contemporanea alla Simbologia Medievale. Conferenzieri sono stati Marco Di Donato, Tino Coviello e Marisa Uberti (la scrivente). Nei giorni precedenti, la notizia dell'evento è stata ampiamente diffusa dai media locali (stampa e web) grazie a chi questo Convegno l'ha fortemente voluto, a partire dall'amm.ne Comunale di Bonito, un borgo di antica origine situato in amena posizione nel territorio campano dell' Irpnina. La sensibilità del sindaco avv. Giuseppe De Pasquale e del Consigliere delegato alle Attività Culturali Valerio Massimo Miletti verso le tematiche proposte, hanno permesso la concretizzazione di una semplice idea dei ricercatori di origine avellinese Marco di Donato e Tino Coviello, che ad Avellino tutt'ora abita. Non è facile, infatti, trovare un substrato culturale che accolga tematiche "di nicchia", quelle che la gente spesso ignora e che non apportano generalmente introiti economici come sanno fare le sagre gastronomiche et similia, per intenderci. Sia chiaro, servono anche quelle in un paese, che deve mantenere assolutamente le proprie tradizioni, tuttavia uno sguardo verso nuovi orizzonti è doveroso, specialmente laddove segni, simboli e testimonianze del passato si presentano in maniera massiccia come in tanti paesi irpini. Molto è sicuramente ancora da trovare e per questo c'è bisogno anche della collaborazione di ricercatori e appassionati dotati di spirito di osservazione. Tra il pubblico abbiamo potuto infatti riscontrare, dopo le conferenze, il desiderio di segnalare i propri ambiti di ricerca o semplicemente indicare luoghi o "segni di presenza", elementi che senz'altro denotano il vivo interesse verso quanto è stato discusso durante il Convegno.
Marisa Uberti, Tino Coviello, Marco di Donato (relatori del Convegno)
Parlando di Triplici Cinte, la prima fase della Ricerca è quella di raccogliere i dati per costituire un nutrito inventario, la seconda sarà poi quella di cercare di dare un' interpretazione al dato stesso: perchè in diversi paesini irpini c'è una così elevata concentrazione di "tavolieri"? Si può parlare di giochi incisi molto diffusi fino a qualche generazione fa o ci sono possibilità che alcuni di essi siano stati lasciati con intenti simbolici? E quali? La popolazione li conosce o non vi ha mai fatto caso? Ecco allora che da semplici domande si può iniziare ad acquisire una nuova consapevolezza. Il sindaco stesso - nella sua apprezzata introduzione - ha onestamente ammesso di non sapere la provenienza dell'incisione di Triplice Cinta alla base del campanile della Chiesa Madre di Bonito. E sfidiamo chiunque a saperlo! Ma lui, come probabilmente tutta la generazione attuale di abitanti, non aveva mai nemmeno considerato quella muta e misteriosa presenza, che sfida i secoli. E' così che è scaturito l'interesse del sindaco verso qualcosa di ignoto, verso un triplice quadrato che non aveva nome fino a quel momento e che, proseguendo nell'indagine in collaborazione con il Consigliere delegato Valerio Massimo Miletti, ha iniziato ad assumere un' identità. La segnalazione di Tino Coviello, il suo discuterne con l'amico Marco di Donato (che già era nostro collaboratore da più tempo), ha consentito che si arrivasse in breve al nostro Centro Studi, dove la Triplice Cinta e i suoi "affini", vengono investigati a 360°.
L'avv. Giuseppe De Pasquale, sindaco di Bonito
Questo è un po' il "cappello" di come nascono e si realizzano progetti che hanno di fondo la voglia di capire. Come è stato per il Convegno di Bonito, cui ho avuto l'onore di essere invitata e al quale ho aderito con entusiasmo, cercando di apportare un contributo all'attualità delle conoscenze su questa tematica. Il Convegno ha avuto in Marco Di Donato, come vedremo, un valente esponente della Simbologia medievale; partendo dalle sue interessanti scoperte nel territorio avellinese, lo studioso ha proposto una stimolante panoramica storico-geografica e interpretativa di simboli noti e meno noti, illustrati con chiarezza e lucidità. Vedremo pure, nel prosieguo di questo report, le scoperte che Tino Coviello ha effettuato sul territorio.
- La sede
L'ex-convento di S. Antonio da Padova è una magnifica struttura realizzata nel XVIII secolo dai Francescani che, aiutati dalla popolazione, riuscirono a portarne a compimento l'opera verso la fine di quel secolo. La Chiesa di Sant’Antonio (santo particolarmente venerato in loco) prevedeva una sola navata e fungeva anche da luogo di sepoltura; il complesso -di forma quadrata- si componeva di un chiostro al pianterreno, al centro del quale fu installato nel 1794 un pozzo-cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Sulla galleria porticata affacciavano i locali tipici conventuali come il refettorio, le cucine, vari depositi. I dormitori dei monaci erano invece collocati al primo piano. Nel 1866 il cenobio venne soppresso e tutti i beni passarono all'Autorità ecclesiastica; in seguito altri provvedimenti legislativi stabilirono che il convento passasse al Comune di Bonito mentre la chiesa continuò a dipendere dal clero (è tutt'oggi consacrata e vi si celebrano S.Messe). Il territorio dell' Irpinia, soggetto -com'è noto purtroppo - a frequenti fenomeni sismici, non è amico dei tanti monumenti che vi si trovano e anche il complesso di S. Antonio da Padova ha subito molti danni a tal cagione: numerose le date da citare nel solo XX secolo (23 luglio 1930; 21 agosto 1962; 23 novembre 1980) e ha patito ulteriori danni per l’incuria umana. Comunque sono ancora parecchie le opere d'arte che, recuperate e restaurate, sono conservate nella Chiesa. L'ex-monastero ha avuto diverse destinazioni d'uso ma, dopo un attento restauro finanziato dalla Regione, è oggi fruibile per ospitare eventi culturali di vario tipo, come il presente Convegno, che si è tenuto nella bella sala conferenze, un tempo Refettorio dei monaci. Sulle pareti si vedono ancora residui lacerti di affreschi, purtroppo troppo mutili per essere decifrati iconograficamente ma che testimoniano la qualità delle opere originarie. In un'ala ha sede la Biblioteca Comunale.
- Presentazione del Convegno
Devo a Marco Di Donato l'invito a presenziare a questo evento e lo ringrazio pubblicamente. Il progetto, quando mi fu presentato, era ancora in forma abbozzata, nulla di definitivo. La distanza tra dove risiedo e Bonito è di circa 900 km ma la cosa mi ha subito trovato disponibile. Per la Ricerca maciniamo sempre molta strada e ne è sempre valsa la pena. Si allargano conoscenze, si condividono esperienze, si riceve e si dona. L'organizzazione da parte del Comune è avvenuta in uno stile encomiabile. Ho trovato accoglienza e disponibilità eccezionali per le quali voglio ringraziare, in primis, Valerio Massimo Miletti, curatore di tutta la logistica; persona colta, saggia ed educata, secondo me è un tesoro per il Comune di Bonito.
Alle 17.30 tutto era pronto nella sala ed è iniziato l'afflusso di persone, accomunate dal desiderio di ascoltare i tre relatori previsti e le loro variegate conferenze. in breve i posti a sedere sono stati tutti occupati e questo è stato un motivo di soddisfazione per tutti.
Alle 18 ha preso la parola la moderatrice dell'evento, d.ssa Barbara Ciarcia (giornalista de "Il Mattino") che voglio ringraziare per avere elargito gratificanti presentazioni di noi relatori, ribadendo anche l'oriiginalità delle tematiche proposte, che ha brevemente riassunto partendo dalla simbologia affrontata da Marco di Donato, autore di due libri a tema, all'attività sul campo di Tino Coviello fino al mio lavoro di ricerca specifica sulla Triplice Cinta.
La giornalista Barbara Ciarcia, moderatrice del Convegno
La d.ssa Ciarcia ha quindi introdotto il sindaco di Bonito, dr. Giuseppe De Pasquale che, come ho già accennato, ha spiegato come si è formato l' "embrione" del Convegno e ha ringraziato i presenti. Compito di un'amministrazione è certamente di affrontare le varie problematiche che si presentano quotidianamente, ma senza dimenticare che c'è una storia poco nota incisa sulle pietre e che reclama attenzione; pietre che sono testimoni di un passato di cui si è persa la memoria (mi permetto di condensare le parole del primo cittadino). La d.ssa Ciarcia ha di seguito dato la parola al Consigliere delegato Valerio Massimo Miletti, che ha seguito personalmente la nascita e lo sviluppo di questo I Convegno Nazionale sulla Simbologia Medievale e Triplice Cinta, sottolineando il fatto che anche un paese piccolo come Bonito possa diventare grande nel momento in cui è terreno di dibattito, confronto, scambio interculturale. Non sono mancate anche da parte sua calorose parole di ringraziamento ai relatori, che sono state molto apprezzate dagli stessi.
Valerio Massimo Miletti, Consigliere Delegato alle Attività Culturali
- Marco di Donato e la simbologia
Marco è un ricercatore e scrittore irpino, appassionato di storia e di misteri dell'arte. E' autore di due libri di successo, imperniati su due affascinanti luoghi carichi di simbologie: il pluri-premiato "I misteri del Goleto" (Youcanprint, 2013) e "Il Tempio dei Caracciolo" (Il Papavero, 2015). Il primo è un saggio imperniato sulla storia e soprattutto sui simboli che l'autore ha rilevato durante le sue frequenti visite all'antica abbazia situata a S. Angelo dei Lombardi (AV); tra le incisioni, Marco ha trovato anche una Triplice Cinta incisa verticalmente su un blocco probabilmente di reimpiego ma nessuno ne ha la certezza, trovandosi alla base del paramento murario dell’ultima arcata del chiostro, quella che porta all’ingresso dell’ex-convento delle monache di clausura. Il secondo saggio di cui Di Donato è autore è ambientato nel Palazzo Marchesale a Cervinara (AV), fondato da una delle famiglie nobili più importanti dell'Italia meridionale, i Caracciolo. La dimora è una di quelle che potremmo definire "filosofali", usando il linguaggio alchemico-fulcanelliano. Il libro, come il precedente, testimonia che nelle terre irpine c'è molto da scoprire, soprattutto quegli elementi simbolici che sfuggono ai più e che pochi hanno voglia o capacità di analizzare intrinsecamente. Eppure sono proprio i simboli che provengono dal passato a fornire preziosi indizi sugli intrecci con ambienti di potere, religiosi e non, e ad aver portato Di Donato sulle tracce di quelle committenze erudite e "illuminate" che hanno caratterizzato la fisionomia storico-artistica dell'Irpinia.
Il relatore Marco di Donato in un momento della sua conferenza
La relazione dello studioso, iniziata con la spiegazione della etimologia del termine "simbolo", è stata tesa a spiegare l'importanza del linguaggio simbolico e di come uno stesso simbolo possa assumere significati opposti in seno a determinati ambiti (ad esempio il serpente, di valenza positiva in Oriente e negativa nell'occidente cristiano). Il relatore ha mostrato un nutrito numero di iconografie medievali, alcune di ascendenza ben più remota ma travasate attraverso i secoli da una Tradizione sapienziale non alla portata di tutti ma, anzi, detenuta da una ristretta elite. Taluni simboli, adattandosi alle diverse culture, società, contesti, cambiando pelle ma non sostanza, sono giunti fino al Medioevo e sono stati adottati dai Cavalieri Templari, dai Rosacroce e dalla Massoneria. Sullo schermo della sala, davanti ad un pubblico molto attento, sono sfilati il Fiore della Vita, la Ruota a sei raggi, la Croce patente e altri tipi di croci, l' Archipendolo e molti altri che Marco ha rilevato durante le sue ricerche nell'avellinese e dei quali egli ha dato relativa spiegazione.
Il relatore durante la spiegazione del simbolo dell' Archipendolo, strumento di precisione composto da una squadra a forma di "A", dal cui vertice pende un filo a piombo. L'iconografia della diapositiva si riferisce ad un mosaico pompeiano ma il simbolo, racchiuso in un doppio cerchio, è presente anche sulla facciata del Palazzo Marchesale di Cervinara (AV)
Accenneremo in questa sede al Fiore della Vita, scolpito sulla facciata del Palazzo Marchesale di Cervinara a profusione e con differenti tecniche ottiche (per mettere in evidenza ora i petali, ora gli spazi tra i petali stessi, una tecnica scultorea molto rara in Italia). Il Fiore della Vita è anche noto come "sesto giorno della Creazione", si ottiene infatti dall'intersecazione di sei cerchi. Il settimo cerchio, che racchiude il Fiore così ottenuto, rappresenta il Settimo Giorno, quello in cui Dio si riposò. A tale simbolo, noto in tutto il mondo, fin dai tempi antichi sono stati attribuiti significati diversi e lo si ritrova in luoghi spesso gestiti, nel Medioevo, dai Cavalieri Templari.
Particolarmente interessante è stata l'originale interpretazione del Di Donato del simbolico, gigantesco serpente che funge da corrimano della balaustra che conduce alla splendida chiesa superiore (dedicata a san Luca) dell'abbazia del Goleto. L'animale ha le fauci spalancate, entro cui si trova un oggetto tondeggiante, classicamente identificato con il pomo della tradizione biblica veterotestamentaria, in cui il serpente tenta Eva con una mela. Marco, però, ritiene che non si tratti del mitico frutto ma di un Uovo, simbolo di rinascita e vita. Immaginate la gioia quando, il giorno seguente, abbiamo avuto l'opportunità di visitare proprio la magnifica abbazia del Goleto, con Di Donato a farci da insostituibile guida! Grazie di cuore a Marco.
Marco Di Donato accanto ad uno dei simboli da lui indagati nell'Abbazia del Goleto, il serpente
- Tino Coviello e la ricerca sul campo
Tino è un appassionato di misteri della Storia ed è un ricercatore indipendente che ha preso molto a cuore l'indagine sul campo delle incisioni disseminate nei paesi appartenenti alla sua provincia, Avellino, ma non solo, sconfinando infatti anche altrove, dove il suo occhio scrutatore è riuscito a scovare esemplari di TC, Tris e Alquerque mai censiti. Quella delle incisioni o dei graffiti su pietra, a volte poco regolari e dal tratto approssimativo, è un'arte ben diversa da quella elitaria che era appannaggio di ricchi committenti o abili maestranze edilizie che scolpivano simboli. Chi scrive la definisce una forma di "arte popolare", nella maggioranza dei casi. Ma pur sempre un'arte molto importante perchè comunica usanze diffuse e comuni tra paesi contigui ma che ritroviamo in tutto il mondo. Un vero e proprio linguaggio. Il Coviello ha illustrato gli esemplari da egli stesso rilevati e in molti casi misurati; nella provincia di Avellino a Bonito, Gesualdo, Mirabella, Rocca san Felice; Taurasi, Torre Le Nocelle, Villamaina. E sicuramente ne emergeranno altre perchè "chi cerca, trova".
Il relatore Tino Coviello in un passaggio della sua conferenza
In particolare, al Coviello si deve scoperta della TC della stessa Bonito, che è incisa verticalmente su un blocco alla base del campanile della Chiesa Madre del paese. Questo esemplare si presenta inciso profondamente, non a mano libera ma con l'impiego di strumenti idonei, come dimostrerebbe la sua proporzione armonica. Lo schema è leggermente ruotato verso sinistra; il lato sinistro e quello superiore del quadrato più esterno protrudono dallo schema per un paio di centimetri. Il modello è quello classico, con i soli segmenti mediani e, nell'insieme, l'incisione - seppure interessata da esfoliazione e deterioramento della pietra - si mantiene in buono stato conservativo. Il blocco, l'ultimo alla base del campanile, cioè quello che appoggia alla pavimentazione del sagrato, a sinistra del portale, è di reimpiego? Poteva, un tempo, trovarsi altrove e in orizzontale e consentire lo svolgimento del gioco del filetto? Quest'ultimo era diffuso tra gli abitanti del paese? Se si, fino a quando lo è stato?
A sinistra, la Triplice Cinta incisa verticalmente sul blocco alla base del campanile; a destra, l'ingresso del campanile stesso
La Torre campanaria di cui si parla è adiacente alla vecchia Chiesa Arcipretale o Chiesa Madre (oggi denominata Chiesa Parrocchiale dell'Assunta); le fonti d'archivio attestano la sua erezione nell'anno 1793, ma non va sottaciuto che la base fu edificata con materiale di reimpiego proveniente da un preesistente edificio religioso sito nel medesimo luogo ove oggi sorge il campanile. Tutta la struttura si trova di fronte all'antico Castello Normanno costruito attorno al XI/XII secolo. Di sicuro è da escludere che da quando il blocco si trova incassato in quella posizione, la TC abbia potuto assolvere alla funzione ludica. Senza contare che esiste l'eventualità che essa sia stata incisa quando il blocco era già stato incassato, e in tal caso bisognerebbe pensare che, eseguendolo in verticale, l'intento fosse simbolico. Ma che dati ci sono a sostegno di tale ipotesi? Come purtroppo troppo frequentemente accade in questo campo, non si è confortati nè da fonti documentali nè da testimonianze orali di qualche tipo, ha convenuto Coviello. Pur prevalendo l'idea che il blocco sia di reimpiego, è comunque sempre interessante constatare come tali pietre vengano spesso murate con la parte incisa esposta alla vista. Il che può anche far pensare ad un'eventuale attribuzione magico-prottetiva a questo schema, esaurita la sua originaria valenza ludica?
Il relatore in un altro momento della sua esposizione
- Marisa Uberti, "specialista" in Triplici Cinte
Prendo spunto dalla didascalia apparsa sotto la mia foto in un gradevolissimo articolo de "Il Quotidiano del Sud" (v. foto sotto) che dava diffusione del Convegno e nella quale è scritto appunto "La Specialista". Avendomi colpito, ho deciso di accettare divertita la sfida con me stessa di esserlo, anche se ciò comporta onori e oneri. Perchè questo mi impegna a continuare con determinazione questo studio che prosegue senza soluzione di continuità da 15 anni ed è sfociato nel 2008 in un primo libro sull'argomento, scritto con il ricercatore laziale Giulio Coluzzi intitolato "I luoghi delle triplici cinte in Italia. Alla ricerca di un simbolo sacro o di un gioco senza tempo?" (Eremon Edizioni), poi in una seconda opera, più ampia e approfondita, di cui avrò modo di parlare più avanti. Nel 2013 ho fondato il Centro Studi Triplice Cinta, cui collaborano attualmente una ventina di ricercatori, tra cui gli attivissimi Marco di Donato e Tino Coviello, relatori in questo Convegno.
Il mio intervento al Convegno è iniziato con la proiezione di un filmato in cui ho raccolto quattro recenti sopralluoghi in contesti d'eccezionale interesse per questa ricerca:
- le miniere belghe-olandesi di Caestert, in cui una simbolica Triplice Cinta fu disegnata - in un complesso insieme di altri soggetti di matrice religiosa e profana) a 11 metri di altezza con la fuliggine delle lampade ad olio dai minatori deputati all'estrazione del calcare marnoso, probabilmente tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500;
- la Triplice Cinta incisa su una delle lastre marmoree che compongono il cosiddetto "Trono di Carlomagno" (VIII sec. d.C.), sito nel matroneo della Cattedrale di Aquisgrana (Germania), lastre che provengono dal Santo Sepolcro di Gerusalemme e particolarmente venerate:
- la Triplice Cinta e il "tris" di eccezionale dimensione, incassati rispettivamente nella facciata Sud-Ovest e Nord-Est di Chateau-du-Moulin (1492), a Lassay-sur-Croisne (Sologna, Francia), che forse hanno una correlazione archeoastronomica (in fase di studio);
- le Triplici Cinte e i "Tris" disseminati su varie rocce della Foresta di Larchant (Centre France), alcuni dei quali non possono essere giochi sia per dimensione che per posizione (la loro datazione non è stata accertata), nonchè per la presenza di particolarissimi elementi aggiuntivi.
Il video, oltre a distendere un po' l'attenzione dei presenti, credo sia servito per dimostrare come lo schema della Triplice Cinta vada attentamente indagato per non cadere nei classici "luoghi comuni" che la vorrebbero sempre e solo gioco oppure esclusivamente "simbolo esoterico". Essa, alla luce dei dati che ho potuto acquisire in tanti anni, nacque forse da una morfologia simbolica e divenne solo in seguito un gioco, ma ciò non è certificato da nessuno. Il caso della "Losanga di Bush Barrow", un monile d'oro costituito da quattro quadrati concentrici ruotati di 45° e posto sul petto di un personaggio di alto rango sepolto in un tumulo funerario nei pressi di Stonehenge (inghilterra), risale a 3.500/4.000 anni fa crica.. Si potrebbero fare altri esempi ma ci troviamo davanti non allo schema in esame, si badi bene, ma a geometrie "morfologicamente simili", della cui genesi sappiamo poco o nulla. Come struttura a triplice quadrato concentrico munito di segmenti mediani (quella che ancora oggi si mantiene) e/o diagonali, inizia ad apparire sulla scena della storia a partire dalla fine dell'Età del Ferro/epoca romana.
La relatrice durante un momento della sua conferenza
Ciò che si trova riportato invariabilmente in siti internet italiani e stranieri (e purtroppo ancora in molti articoli e testi che non hanno approfondito la questione) riguardo al fatto che la TC risalirebbe all'Antico Egitto, è frutto di copia/incolla che ripropongono un errore atavico, compiuto oltre un secolo fa. Ma tutto questo è contenuto nel mio libro pubblicato nel 2012 "Ludica, Sacra, Magica. Il censimento mondiale della Triplice Cinta" (ilmiolibro.it, anche in eBook), per chi avesse desiderio di scoprirne i retroscena. La mia relazione è proseguita con la proiezione dei grafici statistici inediti che ho elaborato per la Campania, alla data del 31 agosto 2016. Da quando Marco Di Donato prima e Tino Coviello poi hanno iniziato a collaborare con il nostro CSTC in qualità di membri effettivi del team, il numero di esemplari di Triplici Cinte della regione è schizzato a 18 (dai due del 2008). La provincia di Avellino è per il momento quella che ha rivelato il più alto numero di esemplari, seguita da quella di Benevento, Napoli e Caserta. La posizione più diffusa è quella orizzontale e i contesti sono esclusivamente architettonici, fino a nuove scoperte.
Inoltre, la regione Campania non aveva ancora esemplari di "Tris" nel nostro database che invece, proprio per merito dell'opera di rilevamento di Tino Coviello (che sempre ringrazio), si è imposta come la prima in Italia, con un ragguardevole numero di esemplari (27 su 112 catalogati per la nostra nazione), pressochè inediti. La posizione in cui essi si trovano è in maggioranza orizzontale. Una fase successiva e più impegnativa potrà essere quella di far leva sulla memoria di qualche anziano del posto che possa ricordare l'uso (e il disuso) di questi schemi verosimilmente ludici.
La mia conferenza è stata, spero, un compendio di tanti anni di studio, che ha coinvolto la storia e la geografia di questo schema, con le sue varianti, con i suoi impieghi e significati che non sono univoci. Oltre ad essere innegabilmente un gioco a pedine, la sua geometria basata su "livelli" consecutivi e un centro, l'ha fatta aderire al microcosmo Uomo in cui Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946) riconosceva l'elemento carnale, il più esterno, l'elemento intellettuale, intermedio e quello morale, il più interno, e al Macrocosmo (dalla periferia al centro: mondo terrestre, mondo firmamentale, mondo celeste o divino, mentre lo spazio centrale è la sede della presenza divina). La sua morfologia è stata rielaborata per comporre sigilli da oculisti al tempo dei Romani, sigilli magico-rituali per esorcismi (specie nel Medioevo), siglli notarili (XV-XVI secolo); in Radionica (disciplina esoterica che studia le vibrazioni energetiche sottili e invisibili che legano ogni elemento esistente), la troviamo tra i particolari tipi di schemi geometrici normalmente disegnati su un foglio di carta, per produrre armonia ed equilibrio, dunque benessere. Ancora, la controversa TC sarebbe stata impiegata come marchio dei costruttori, come "segno di riconoscimento" per pellegrini medievali, e spesso collegata ai Templari, che sicuramente (come tutti i Crociati) la conoscevano e vi giocavano, non escludendo che all'interno del loro Ordine, una ristretta elite abbia potuto sfruttarla come veicolo simbolico. Ma è dentro un altro Ordine, ad essi coevo, che da alcuni anni si sta dirigendo la mia attenzione, i Giovanniti (oggi Sovrano Ordine di Malta). La Triplice Cinta rappresentò per alcuni dei membri qualcosa di veramente importante, dato che nella quattrocentesca Cappella sepolcrale del Cavaliere Giovannita Jean Grivel (situata nella cripta della Commanderia di Lavaufranche, nel dipartimento del Creuse, Francia), sono dipinte in azzurro ben 80 TC (sul soffitto e su ogni lato delle pareti), accompagnate da un motto rimasto tutt'oggi indecifrato (v. scheda in questo sito)..
Il gioco del filetto o del Mulino - come dimostra chiaramente il Libro de los juegos del re Alfonso X il Saggio (XIII secolo) - veniva disputato anche con l'uso dei dadi, cosa che lo fece annoverare tra i giochi d'azzardo e come tale bandito e proibito per un lungo periodo a partire dal Medioevo (ricordiamo però che i giochi d'azzardo erano banditi già in epoca romana). La Chiesa infatti deplorava ire, risse e bestemmie derivanti dalla perdita al gioco; per le credenze religiose dell'epoca bestemmiare il nome di Dio era considerato un grave peccato che provocava l’ira divina facendola ricadere non solo sul soggetto ma sulla sua comunità. Nelle case private e nelle botteghe i giochi d'azzardo erano proibiti dagli Statuti comunali, pertanto i luoghi pubblici come i mercati, le logge, le piazze, diventarono ideali per praticare queste attività alla luce del sole. Inoltre, se i tavolieri lignei finivano nei "roghi delle vanità", difficilmente la pietra avrebbe potuto fare la stessa fine!
Nel tempo, questo tavoliere da gioco ha perso la sua importanza, pur perdurando ancora per tutto il XIX secolo, ed è finito nel dimenticatoio tanto che, pur essendo presente dietro le classiche scacchiere di legno che molti di noi hanno ancora in casa, i nostri genitori non ne ricordano nemmeno le regole. Eppure il suo valore sociale è stato notevole: in molti paesini (come a Suna, nel Verbano) era usanza ritrovarsi attorno ad un grande tavolo di pietra, le sere d'estate, e sfidarsi a filetto, i cui schemi venivano continuamente reincisi mano a mano che i precedenti sbiadivano. Questo fino a 60-70 anni fa. Esistono comunque realtà in cui la memoria è rimasta viva, come a Massanzago (PD), dove ogni due anni si disputa il Palio della Tria vivente, con pedine... umane. Per tale fine, un grande schema di TC è disegnato sul pavimento del sagrato della Chiesa parrocchiale.
Se ci guardiamo attorno, scopriremo che Triplici Cinte, Tris e Alquerque continuano a sopravvivere (inconsapevolmente o come messaggi subliminali?) come decorazioni su ringhiere, balaustre, pavimentazioni...L'invito che lancio anche da queste pagine è di osservare ciò che ci circonda; il nostro censimento prosegue e aspettiamo anche le vostre segnalazioni.
Al termine del Convegno, i relatori hanno ricevuto da parte del Comune di Bonito una targa di riconoscimento e, per le donzelle Barbara e Marisa, uno splendido omaggio floreale. Le foto di rito hanno concluso un evento unico che ha riscosso plausi e acceso interesse verso la storia meno conosciuta della propria terra e anche...oltre.
Nella foto, da sinistra a destra: il Consigliere delegato Valerio Massimo Miletti, Marco Di Donato, il sindaco di Bonito avv. Giuseppe De Pasquale, la moderatrice d.ssa Barbara Ciarcia, Tino Coviello e Marisa Uberti
La consegna della targa da parte del sindaco di Bonito
Un'altra foto di gruppo per celebrare la soddisfacente conclusione del bellissimo evento culturale
Ringraziamenti
- all'amministrazione comunale di Bonito, nelle persone del sindaco dr. Giuseppe De Pasquale e del Consigliere Delegato alle Attività Culturali Valerio Massimo Miletti
- agli stimati amici ricercatori Marco di Donato e Tino Coviello
- alla d.ssa Barbara Ciarcia, nella sua brillante qualità di moderatrice del Convegno
- ad Angelo Marchetti per le fotografie
- al pubblico presente in gran numero
- ai giornalisti che hanno dato diffusione e spazio a questo evento e a tutti coloro che hanno contribuito alla buona riuscita dello stesso
(Autrice: Marisa Uberti, pubblicato in questa sede il 15/09/2016 www.centro-studi-triplice-cinta.com)