Il nuovo gioco del "Camino de Santiago de Compostela"
Il “Camino de Santiago de Compostela”: un gioco da tavolo originale e artistico
Intervista all’ideatrice e all’illustratore
(a cura di Marisa Uberti – Centro Studi Triplice Cinta )
8 Novembre 2022
Conosciamo l’arch. Riccardo Scotti da molti anni e la sua incredibile poliedricità artistica, apprezzata in diverse parti del mondo, ma oggi lo incontriamo nella veste di illustratore grafico di un gioco da tavolo, probabilmente un’esperienza nuova nella sua lunga carriera professionale. A convincerlo ad imbarcasi in questo bellissimo progetto è stata la sorella Giuliana, ex insegnante di religione e docente di didattica presso l’ISSR (ora in congedo pensionistico), la quale ha ideato il “Camino de Santiago” da tavolo, dopo averlo sperimentato personalmente più di una volta percorrendo dal vivo il faticoso ma appagante pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Cerchiamo quindi di capire meglio com’è nato questo progetto di collaborazione familiare, quali aspetti di novità introduca nel mondo dei giochi da tavolo, e cosa deve aspettarsi chi voglia cimentarsi in una avvincente sfida in famiglia o tra amici. Chi scrive è diventata in breve tempo un' appassionata giocatrice del “Camino”, che è composto da un tabellone da gioco splendidamente illustrato dall’arch. Scotti e in cui troviamo 153 caselle, pardon, “casette”, come rigorosamente sono state appellate dall’autrice (e nell’intervista scopriremo anche perché).
I giocatori, da due a sei, partendo dalla casetta 153 devono compiere un percorso spiraliforme e antiorario che li porterà alla meta, cioè alla Cattedrale galiziana. Prima di partire, come farebbe un pellegrino, si equipaggia con qualche euro e dei kit (o pegni) che potrebbero rivelarsi molto utili e fare la differenza tra il proseguire e il desistere: cosa portare con sé? È questa la prima scelta che il giocatore deve fare. Tramite la sorte (il tiro dei dadi) si potrà cadere su casette verdi (neutre), azzurre (opportunità) e gialle (difficoltà). Tutte corrispondono a una tappa del cammino reale, di cui viene data la spiegazione sul libretto di accompagnamento, coinvolgendo il giocatore nella conoscenza del monumento in cui il suo segnalino si è fermato. Al pari del pellegrinaggio, nel percorso si incontrano gratificazioni e inconvenienti e il gioco può iniziare da località diverse: Roncesvalles, quella più lontana, che dà diritto a partire con 4 pegni da 5 euro e 4 pegni a scelta (tra il sacco a pelo, materassino, set per vesciche, set da sole, bastoni da trekking, torcia, mantella antipioggia, sasso), corrispondente alla prima casetta (la 153); Burgos (casetta 100); Leòn (casetta 63); Sarria (casetta 22). Partendo da località più vicine alla meta, si parte con meno soldi e meno pegni, naturalmente. Vivacizza la sfida la presenza di timbrini per “certificare” su una credenziale il passaggio del pellegrino in quel luogo, oltre al conferimento di una certificazione finale per chi arriva a Santiago di Compostela.
1) Domanda (in seguito D.): Ci complimentiamo anzitutto per questa bellissima realtà ludica che è, insieme, un percorso simbolico, esattamente come un cammino reale verso uno dei luoghi di pellegrinaggio più antichi e importanti del mondo. Com’è nata l’idea del gioco? Esiste un omologo spagnolo o a nessuno è mai venuto in mente prima di realizzarlo?
Risposta (in seguito R.): L’idea del gioco è nata per caso. Io e mio marito, entrambi pellegrini, eravamo a tavola e stavamo ricordando i percorsi fatti alla volta di Santiago: il Cammino francese, il Cammino del Nord, il portoghese della costa e quello dell’interno, il Cammino inglese … Ci è venuta l’idea di disegnare il Cammino francese su una tovaglia. Ma subito siamo passati alla domanda: ma perché non ne facciamo un gioco da tavolo, anzi un gioco-esperienza in cui anche altri possano simulare un Cammino, oppure ricordare quello che hanno fatto, se sono pellegrini. Da qui è partito tutto. Io ho cominciato a progettare, poi mi confrontavo con mio marito e mio figlio, anche loro pellegrini appassionati, poi tornavo a progettare, poi abbiamo sentito altri pareri, ed ecco che mio fratello Riccardo ha iniziato a lavorare con me. Il risultato … è questo! Non credo che esistano omologhi spagnoli o di altri Paesi, anche se qualche gioco da tavolo sul Cammino pare stia nascendo.
2) D.: Una novità di questo tavoliere da gioco si vede nell’immediatezza: non si parte dalla casetta più bassa per giungere a quella con valore numerico più alto, ma il contrario: dalla 153 (la più alta) si svolge un percorso in senso antiorario in una spirale ellittica per arrivare alla 0 (Santiago). C’è un motivo preciso?
R.: I pellegrini di solito durante il Cammino controllano con soddisfazione giorno dopo giorno quanti chilometri hanno percorso, ma ancor di più si soffermano su quanto manca alla meta. Sul Cammino stesso si incontrano i mojones, i pilastrini che indicano i chilometri che mancano a Santiago. Allo stesso modo, qui si indicano le casette che mancano per arrivare allo 0. Inoltre ciascuno decide il punto di partenza, ma l’ultimo tratto è uguale per tutti, tutti lo devono percorrere, nel gioco come nel Cammino. La spirale ellittica, con due centri, riprende un po' la forma schematica di una parte considerevole dei giochi da tavolo, e soprattutto dei diversi esempi di “Gioco dell'Oca”. L'andamento ellittico, inoltre, evoca l'orbita che il pianeta Terra effettua attorno al Sole durante l'anno. La spirale del Cammino si avvolge in senso antiorario, così come si svolge la rotazione della Terra, che in questo modo dà l'impressione di un movimento orario da parte del Sole. Tutto ciò suggerisce l’idea del trascorrere della vita umana e personale, che passa attraverso la morte simbolica e la rinascita.
3) D.: Un’altra novità è che non c’è un vero e proprio vincitore in quanto tutti coloro che raggiungono la meta, vincono. Ma è proprio così?
R.: Sì, è proprio così. E questo credo sia davvero bello. Non c’è competizione. Nel Cammino, infatti, non ci sono gare per arrivare primo, non è più bravo chi cammina di più. Ognuno cammina secondo i suoi tempi, le sue esigenze, le sue possibilità. Ecco perché è possibile partire da città diverse, alcune più lontane e altre più vicine. Chi partirà dalla casetta 153 impiegherà più tempo per arrivare, ma avrà più possibilità di conoscere persone, fare esperienze, riflettere su di sè e sulla sua vita. Chi partirà da Sarria, alla casetta 22, arriverà prima alla meta, riceverà la “Compostela” allo stesso modo di chi è partito da lontano, ma avrà meno occasioni di incontri, esperienze, riflessioni. Così come succede nella realtà del Cammino. Ma l’importante è arrivare. Anzi, no, qualcuno potrebbe anche non arrivare, l’importante è fare il cammino! Questa è la vittoria più grande!
4) D.: Il gioco ha un innegabile risvolto simbolico perché, come dice Josè Luis Echeveste ne Las claves ocultas de los juegos, “Ogni gioco rappresenta un problema di conoscenza per il quale dobbiamo trovare una soluzione adeguata”. Nel Medioevo, coloro che non potevano recarsi nei maggiori luoghi di pellegrinaggio (Gerusalemme, Santiago, Roma), percorrevano metaforicamente i labirinti presenti sui pavimenti delle grandi cattedrali, spesso in ginocchio e recitando invocazioni. Oppure disegnavano per terra simili percorsi. Il vostro “Camino de Santiago” ha tenuto conto della metafora esistenziale condensata nel cammino di ciascuno di noi ancora oggi. A chi si rivolge, in particolare?
R.: Sì, il Cammino di Santiago per primo è metafora della vita. Percorrendolo, ci si accorge che il proprio modo di affrontare il Cammino, le difficoltà, le opportunità, la stessa routine quotidiana è molto simile al modo di affrontare la vita. Vivere il Cammino può essere un’opportunità, un’occasione per aiutare a rileggere la propria esistenza. Così questo gioco: è l’occasione per simulare il Cammino vero e assaggiarne i sapori, sperimentarne le potenzialità ma in condizioni protette, come in tutti i giochi di simulazione. Nella vita, non tutti hanno il privilegio di poter fare il Cammino vero e proprio. Questo gioco vorrebbe consentire a queste persone di intuirne la bellezza e la forza. Ma il gioco si rivolge anche ai pellegrini che hanno già percorso il Cammino: è bello ricordare, raccontare, rivivere un’esperienza così forte e dirompente, e potrebbe essere l’occasione per condividere con i presenti la propria storia e le proprie emozioni. Dunque un gioco che può coinvolgere tutti, anche i giovanissimi, se si considera che nel libretto di accompagnamento si racconta di ragazze/i di 11, 12, 13 anni che già hanno intrapreso questa esperienza. La metafora esistenziale è molto ben presente nello svolgimento del Cammino, e lo è stata anche nella costruzione di questo gioco. Così come il percorso di un labirinto è riconducibile a un processo d’iniziazione, nel Cammino di Santiago questo processo si compie. Il tragitto labirintico è incomprensibile mentre lo si pratica, e percorrendolo è facile commettere errori, essere distolti dalla via che conduce alla meta. Allo stesso modo, il Cammino non è comprensibile mentre lo si vive, e situazioni impreviste possono distogliere dalla direzione presa, o rallentare l’arrivo alla meta, e ciò rappresenta inequivocabilmente anche l’andamento della vita umana. Il percorso iniziatico conduce a incontrare sé stesso, ma anche il “principio divino” che sovrasta il tutto, e che simbolicamente si trova alla meta.
5) D.: Abbiamo apprezzato il fatto che sia stato previsto un carattere tipografico facilmente leggibile da persone con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), in particolare i dislessici. Inoltre abbiamo osservato dei “segni convenzionali” su ciascuna casetta, per favorirne la lettura cromatica da parte dei daltonici. Consideriamo questa vostra scelta assai significativa. Com’è stata accolta dalle persone interessate e/o dai loro familiari?
R.: Sinceramente non lo so, non ho ancora avuto riscontri, ma penso siano state scelte molto positive. Non è facile incontrare attenzione per queste realtà, quando invece basterebbe poco per aiutare chi deve fare i conti con questi problemi. Nel mio lavoro di docente ho incontrato diversi alunni con Dsa e anche Daltonismo, ed è stato il confronto con loro che mi ha portato a cercare di abbattere queste “barriere”.
6) D.: Una curiosità pratica: perché le caselle vengono chiamate “casette”? E perché 153? È un numero significativo nel Cammino reale?
R.: Parliamo di “casette” e non di caselle, perché sono come delle piccole case che si attraversano. Anche nella vita abitiamo e attraversiamo piccole “case”, condizioni di vita che aiutano a crescere, a costruire le persone che siamo. E talvolta sono dolorose, faticose, tristi, altre volte sono gioiose, soddisfacenti, emozionanti. Ma tutte ci offrono l’occasione per diventare persone migliori. Anche nel gioco ci fermiamo negli ostelli, che potrebbero diventare come delle piccole case perché ci consentono degli incontri significativi, o delle riflessioni intime, o delle esperienze autentiche, che ci cambiano la vita e ci aiutano a “diventare grandi”. Le casette sono 153 perché la distanza da Roncisvalle a Santiago è stata calcolata e proporzionata, per cui ciascuna casetta corrisponde a circa 5 chilometri, o poco più. Ma 153 è anche un numero con dei significati “speciali”. Oltre alle numerose proprietà matematiche che lo caratterizzano, nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 21, si racconta della pesca miracolosa che Pietro e gli apostoli fecero dopo la resurrezione di Gesù, nella quale vennero pescati 153 grossi pesci. Questo numero starebbe a indicare simbolicamente l’abbondanza dei frutti della missione dei discepoli, tutta l’umanità, secondo San Girolamo (cfr. Ravasi G., Il grande libro del creato, 2014). In questo senso, il Cammino di Santiago è per molti, anzi, per tutti: basta imparare ad ascoltarsi e a rispettarsi, ciascuno con i suoi ritmi, tempi, limitazioni, potenzialità.
7) D.: Oltre all’aspetto ludico, socializzante e simbolico, questo gioco offre anche la possibilità di raccontarsi, di narrare la propria esperienza. Ci è capitato di fare una partita con amici che il “Cammino di Santiago” lo hanno percorso realmente, come lei Giuliana, e quando il loro segnalino si è fermato su una determinata località, ci hanno raccontato la loro esperienza, le difficoltà, le gioie, la tentazione di rinunciare e il coraggio di andare avanti. Ripetere sul tabellone quelle “gesta” rappresenta un modo di rielaborare l’intero significato dell’ “impresa” e di quanto interessa portarla a termine. Secondo lei, chi il Cammino non l’ha ancora intrapreso, può intenderlo come un gioco-libro che si arricchisce ad ogni partita, in base alle persone che vi partecipano?
R.: Certamente, anzi, credo che il nome più appropriato sia gioco-esperienza. Chi si aspetta un gioco da tavola vero e proprio probabilmente resterà deluso, questo invece assume le caratteristiche di una simulazione in cui si ripercorre quanto un vero Cammino può offrire. Tutte le volte in cui ho giocato con persone che desideravano partire ma si lasciavano sopraffare da titubanze, paure e perplessità, oppure con persone che ne avevano sentito parlare ma non osavano buttarsi, hanno concluso il gioco dicendo: “Adesso mi organizzo e parto anch’io!” È dunque un’occasione per risolvere i dubbi, attrezzarsi rispetto a ciò che serve e alle procedure, vincere le paure e partire.
8) D.: Quali sono state (o sono attualmente) le difficoltà incontrate durante la realizzazione del gioco? Avevate chiaro fin dall’inizio come impostarlo o si è strutturato “cammin facendo”?
R.: Quando abbiamo avviato la progettazione del gioco non sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Non è stato facile. A fronte dell’entusiasmo delle persone che abbiamo coinvolto per la sperimentazione e la calibratura del gioco, ci sono state difficoltà nella realizzazione, anzi nella pubblicazione. Alcune Case Editrici hanno risposto di non essere interessate. Altre si sono dette disponibili per la diffusione ma dovevamo produrlo a spese nostre e con un prezzo molto contenuto. I costi di produzione invece sono risultati altissimi. Qualcuno ci ha suggerito di rimpicciolirlo, ma se la plancia fosse troppo piccola, le immagini perderebbero la visibilità. Abbiamo voluto restare fedeli al progetto e dopo tante ricerche siamo riusciti a produrre un’edizione limitata di 100 copie che abbiamo deciso di numerare e firmare. Con grande soddisfazione!
9) D.: Il gioco è uscito, pertanto, con una prima tiratura di 100 copie: dove si possono trovare? Sono previste edizioni in altre lingue per un mercato estero?
R.: La prima edizione è quasi esaurita, ma stiamo pensando in una nuova tiratura. Le ultime copie attualmente disponibili si possono trovare presso la libreria “Homo Ludens” di Alzano Lombardo (tel: 0350634022, WhatsApp: 3298980493, info@libreriahomoludens.it). Abbiamo, inoltre, predisposto una e-mail specifica per chi desiderasse informazioni o chiarimenti sul gioco: (giuliana.caminodesantiago@gmail.com). Stiamo, infine, lavorando anche per la traduzione in inglese e in spagnolo.
10) D.: Quali sono le principali difficoltà post-produzione? Cosa auspicate per il futuro del gioco del “Camino de Santiago de Compostela”?
R.: Visti i risultati, ci pare che il gioco stia riscuotendo un buon successo. Ci piacerebbe poterlo pubblicare, anche in una versione più semplice ma a prezzi più concorrenziali. Ci auspichiamo che qualche Casa Editrice possa conoscerlo e farlo proprio, oppure che qualcuno si proponga come sponsor, magari (perché no?) qualche pellegrino che desideri, come noi, investire sul gioco per restituire al Cammino quanto il Cammino ha dato a noi.
- Ringraziamo vivamente Giuliana e Riccardo Scotti per la disponibilità a concederci questa intervista e rinnoviamo i nostri complimenti per questo divertente, interessante e coinvolgente gioco da tavolo simbolico, che speriamo possa incuriosire i nostri lettori
- Le illustrazioni utilizzate a corredo di questa intervista sono tratte dal set di gioco del Camino de Santiago possseduto dalla scrivente, pubblicate per gentile concessione degli autori
- Il gioco del Camino de Santiago è stato ideato da Giuliana Scotti; disegni di Riccardo Scotti; grafica di Nadia Moroni. Giocatori: 1-6; età: 10-100. Tempo 20'-2h I^ Edizione: Agosto 2022